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Libri di viaggio: Stendhal – Roma, Napoli e Firenze

Libri di viaggio: Stendhal - Roma, Napoli e Firenze

Libri di viaggio: Stendhal – Roma, Napoli e Firenze

Siamo giunti al nostro terzo appuntamento della rubrica Scaffale che tratta il tema dei “Libri di viaggio” e questa è la volta di uno dei più noti scrittori dell’800 e cioè Stendhal, pseudonimo di Marie-Henri Beyle. Famoso soprattutto come romanziere di cui fra i più noti ricordiamo Il rosso e il nero (1830) e La Certosa di Parma (1839), l’autore è uno dei maggiori rappresentati del realismo francese ottocentesco insieme ad altri importanti nomi come Balzac, Dumas, Hugo, Flaubert, Maupassant e Zola. Dopo una breve carriera militare al fianco di Napoleone, inizia sin da giovane a dedicarsi alla scrittura pubblicando dal secondo decennio dell’Ottocento numerosi saggi tra cui le Vite di Haydn, Mozart e Metastasio (Vies de Haydn, Mozart et Métastase, 1815), la Vita di Rossini (Vie de Rossini, 1823), la Storia della Pittura in Italia (Histoire de la Peinture en Italie, 1817).
In questa nostra breve trattazione tuttavia noi ci soffermeremo non tanto su questo tipo di produzione letteraria ma sui testi dedicati al più grande amore della sua vita, l’Italia: dove egli si reca per la prima volta nel agli inizi del XIX secolo e dove trascorrerà circa un terzo della sua vita. Oggi in particolare dai nostri scaffali abbiamo scelto il testo Roma, Napoli e Firenze nell’edizione del 1960 della casa editrice Parenti, con prefazione di Carlo Levi e introduzione critica di Glauco Natoli.

Soffermiamoci per un momento sulla veste editoriale che merita una particolare attenzione per l’eleganza e la rarità, questi volumi sono stati pubblicati in tiratura limitata di 4000 esemplari. Composta da tre libri, per un totale di 820 pagine, presenta un cofanetto e una legatura in tela con titoli e fregi in oro ai dorsi e impressioni policrome ai piatti eseguita presso la Torriani & C. di Milano. Ma la parte più interessante sono le 132 tavole in nero e policrome, alcune in grande formato, impresse dalla Rotografica Romana di Adriano Rossi che animano sia i primi due volumi contenenti il testo sia il terzo che invece è interamente dedicato alle illustrazioni.

Prima pubblicazione in cui l’autore utilizza lo pseudonimo Stendhal, nome forse ispirato alla omonima città tedesca, dove ricordiamo nacque l’ammirato storico e critico d’arte Johann Joachim Winckelmann, questo testo si presenta come un vero e proprio diario di viaggio che l’autore scrive durante uno dei suoi soggiorni italiani, precisamente quello che ha inizio nel 1816, come egli stesso ci racconta nell’incipit: «Berlino, 2 settembre 1816. Apro la lettera che mi accorda un congedo di quattro mesi. Salti di gioia, batticuore. Possibile che sia ancora così pazzo a ventisei anni? Finalmente rivedrò la mia bella Italia!»
Primo elemento su cui soffermarsi è la mancata corrispondenza tra il titolo e il contenuto del libro; infatti mentre il primo elemento ci potrebbe far pensare che Roma, Firenze e Napoli saranno le città principali che attraversa il nostro autore scorrendo poi le pagine ci accorgiamo che non è proprio così in quanto lo spazio maggiore viene riservato a Bologna e ovviamente alla sua amata Milano. Appena arriva in città si reca immediatamente alla Scala, definito dall’autore il “primo teatro del mondo”, e subito, da grande amante della musica e dell’opera si immerge in quell’atmosfera che lo inebria e lo appassiona: sui palchi vede le persone occupate in vivaci conversazioni, nel gioco dei tarocchi o nelle cene di carnevale. In questa città ama passeggiare per le vie dove incontra le più belle donne del mondo, rimane estasiato davanti al duomo illuminato dalla luce lunare, si diletta camminando per i corridoi del Museo di Brera o davanti al Cenacolo di Leonardo. Ma nonostante il nostro autore ovviamente si soffermi nel descrivere le bellezze artistiche e paesaggistiche del nostro paese ciò che gli interessa di più è immergersi nella cultura, nelle tradizioni, negli usi di un popolo di cui si sente parte. Così il suo è un peregrinare continuo senza posa, alla ricerca continua di nuove passioni da vivere e di cui inebriarsi.

Tra le varie città è doveroso soffermarsi un momento su Firenze sia perché per Stendhal questa città è diversa dalle altre in quanto elegante e distaccata, lontana dal ritmo frenetico e vorticoso degli altri centri italiani sia perché è proprio nella descrizione della città che nasce la famosa espressione “sindrome di Stendhal”, quella sensazione di malessere di fronte alla magnificenza e alla bellezza dell’arte la quale attraverso le parole dell’autore stesso viene descritta come: «quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti e i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.»

Da Firenze il suo viaggio prosegue e, dopo aver attraversato Roma di cui scorge la cupola di San Pietro in lontananza, giunge sino a Napoli dove oltre ad ammirare le innumerevoli bellezze della città può assistere, il 12 febbraio, all’inaugurazione del teatro San Carlo che descrive pieno di folla in tumulto e di una bellezza abbagliante ma che comunque non eguaglia la Scala di Milano. Proprio parlando di Napoli è inoltre interessante notare che Stendhal vede l’Italia come spaccata a metà, con una prospettiva forse neanche troppo lontana dall’attualità: il nord fino a Firenze o fino al Tevere come simbolo di civilizzazione e progresso mentre il sud come più arretrato e ancora permeato dalle superstizioni. Tuttavia è importante precisare che questo per l’autore non è un giudizio di valore ma al contrario: le persone nascondono sotto il manto dell’arretratezza la grande capacità di vivere secondo natura, seguendo il sentimento. Proprio la passione e la vitalità degli italiani li porta alla continua ricerca della felicità e soprattutto della libertà.

Concludiamo questo articolo con le parole di Carlo Levi che non a caso è stato scelto per scrivere l’introduzione al volume in quanto, in un certo qual modo, anche lui con il testo Cristo si è fermato ad Eboli può essere inserito all’interno della letteratura di viaggio e che così descrive lo stile di Stendhal: «Se ne potrebbe dare un lungo elenco, per esempio, cosi: il ritmo, il particolare, le cesure, il sincopato; il viaggio come romanzo o il romanzo come viaggio; l’entusiasmo asciutto o il romanticismo senza forma romantica; il racconto di cronaca, o il realismo del romanzo come specchio, “l’autore è d’avviso che, tranne che per la passione del protagonista il romanzo deve essere uno specchio” (prefazione del Lucien Leuwen), “un romanzo è uno specchio che uno porta con sé lungo una strada” (Le Rouge et le Noir); la poesia della politica come passione, del calcolo come passione; la passione e l’energia vitale come bello ideale e sublime; il senso di un rapporto continuo e necessario fra i regimi politici e sociali e la qualità delle passioni, della cultura e dell’arte; il moderno come anticipazione del futuro; l’Italia come patria e simbolo di tutte queste cose, di se stesso, dell’uomo come pura energia.»