13 Nov Pierre Loti: racconti e interpretazioni per immagini (parte terza)
Pierre Loti affiancò la sua lunga attività di ufficiale della Marina francese, ben 43 anni, a quella di scrittore di romanzi e libri di viaggi. Come abbiamo già avuto modo di vedere nei precedenti articoli proprio l’unione di queste due sue anime gli permette di descrivere magistralmente la cultura dei più lontani paesi conosciuti e vissuti. È del suo rapporto con l’Estremo Oriente che ci occuperemo in questo articolo attraverso le immagini più suggestive tratte dai suoi romanzi: Le Mariage de Loti: Rarahu, pubblicato nel 1880, Madame Chrysanthème, pubblicato nel 1887 e Un pelerin d’Angkor, pubblicato nel 1912, per ritrovarci a Thaiti, Nagasaki e in Cambogia.
Le Mariage de Loti: Rarahu è una meravigliosa rievocazione della vita in Polinesia così come l’ha conosciuta quando il veliero Flore raggiunse Thaiti nel 1872 e fu di stanza a Papeete per due mesi “il sogno della mia infanzia”. Loti incontra la bella Rarahu, un’esotica ragazza tahitiana di quindici anni; è un colpo di fulmine e diventa “sua moglie” secondo le usanze del luogo. La loro unione è accettata da tutti e anche incoraggiata dalla vecchia regina Pomaré ma il destino separerà gli amanti. Rarahu, con il suo corpo da bambina avviluppato nei lunghi capelli neri, è il simbolo della passione, della bellezza, dei colori luminosi e di tutte le libertà. Da ragazzo Loti scoprì la Polinesia attraverso il fratello maggiore Gustav, ufficiale di marina, che riportava a casa i racconti delle isole esotiche. A Tahiti inizia la metamorfosi dello scrittore: lì riceve dalla regina Pomaré il soprannome di Loti (nome di un fiore tropicale). Dal 1876 adotterà definitivamente tale nome e diventerà per tutti: Pierre Loti.
In Giappone è d’uso che, per il periodo di permanenza, uno straniero possa contrarre un “matrimonio a tempo” con una mousmé. La giovane che conobbe Loti, si chiamava Kiku-san, ovvero la signorina Crisantemo del romanzo Madame Chrysantème. Lei e le sue amiche, che esercitavano la stessa professione, venivano addestrate al piacere. Erano una via di mezzo tra le geishe e le prostitute: più accessibili rispetto alle prime ma di costumi meno facili rispetto alle seconde. La vicenda autobiografica è solo il pretesto per dar vita a quello che l’autore chiamerà un “romanzo giapponese” i cui personaggi principali sono Loti stesso, il Giappone e le impressioni prodotte su di lui da questo stupefacente paese di cui rimane affascinato per gli usi, i costumi e le atmosfere vissute, tant’è che Loti vi ritornerà più volte.
Dopo una missione in India e in Persia per conto del Ministero francese degli affari esteri, Loti si imbarca su Le Redoutable, a bordo della quale prende parte alla guerra dei Boxer in Cina. Fa un nuovo soggiorno in Giappone, poi in Indocina e visita le rovine di Angkor che descriverà nel Un pelerin d’Angkor. Siamo nel 1901 e una spedizione lo conduce in pellegrinaggio nei luoghi dei suoi sogni d’infanzia. Durante l’avventuroso viaggio verso la mitica città dell’impero khmer, lungo il corso del Mekong, i villaggi e le foreste cambogiane, Loti annota impressioni ed emozioni, ritraendo con vivide descrizioni la realtà che via via gli si svela davanti ai suoi occhi, come quei templi misteriosi nel cuore della giungla. È l’addio di Loti all’Estremo Oriente e ai suoi ultimi desideri. “Ho provato tutto, ho sperimentato tutto… nel cuore delle foreste del Siam ho visto levarsi la stella della sera sulle rovine di Angkor, la misteriosa… e il cerchio della mia vita si è chiuso”.